martedì 14 luglio 2015

U(ma)nità a due : Differenze e identità di genere / Miriam Rocca


Il libro [1] ha il merito di aver rilevato (ad onta dell’ignoranza che l’autrice palesa della lingua ebraica) l’importanza di Genesi 2:23 – lasciamo la parola all’autrice:
Ricapitolando infatti possiamo dire che l’uguaglianza è data dall’appartenenza di ambedue i sessi alla specie umana, conseguenza questa dell’identità della sostanza (“Questa volta lei è carne della mia carne e osso delle mie ossa” Gen. 2 – [sic]), che dà a uomo e donna la stessa materia corporale e la stessa forma in quanto entrambi ad immagine di Dio …
Purtroppo, la chiarezza del testo biblico (come ho già evidenziato qui, in ebraico ‘etzem significa sia “osso” che “essenza”) non ha dissuaso l’autrice dal tentare di far rientrare dalla finestra l’essenzialismo cacciato dalla porta.

Nel libro lei dà un’utile lezione di metafisica aristotelico-tomista, ed il principale argomento che ella usa è la nozione aristotelica e tomistica di anima forma corporis, completata dall’affermazione di Edith Stein secondo cui uomini e donne hanno anime diverse.

Qui si va però contro sia Aristotele che Tommaso d'Aquino. Aristotele ritiene che tutte le anime umane abbiano la medesima struttura, e perciò la medesima forma - le differenze tra gli individui sono dovute alla diversa materia.

Poiché in Aristotele l'essenza si riconduce alla forma, ne consegue che in lui tutti gli esseri umani hanno la medesima essenza. Senza avvedersene, lui ha tratto la medesima conclusione dell'autore biblico.

Un bel brano talmudico (bSanhedrin 38a) esprime un concetto simile, affermando che Dio è migliore di qualsiasi zecca, perché, se un uomo da un solo stampo conia monete tutte uguali, Dio Benedetto dallo stampo del primo uomo ha creato individui tutti diversi.

Non che le donne debbano ringraziare Aristotele: se per lui la donna non ha un'essenza diversa dall'uomo, cionondimeno è un uomo mancato - quindi inferiore a lui.

Più articolato è il pensiero di Tommaso d'Aquino, che affronto con l'aiuto della tesi di dottorato [2] (esposta qui in forma condensata), discussa nel 1978 all'Angelicum di Roma - ovvero, l'università dei Domenicani, che hanno tutto l'interesse a che il pensiero del loro illustre confratello venga correttamente esposto.

Secondo l'autrice della tesi, Tommaso d'Aquino, pur ritenendo la donna inferiore all'uomo (e questo non va dimenticato), la ritiene della sua stessa essenza; traduco l'importante brano:

L'essenziale eguaglianza di tutti gli umani
Uno studio della natura della donna per San Tommaso deve iniziare con la sua teoria dell'eguaglianza essenziale o specifica di tutti gli esseri umani. Per lui la donna non è una specie inferiore all'uomo; entrambi appartengono alla stessa specie ed hanno la stessa natura: sono essenzialmente uguali. Questo lo si vede nelle opere dell'Aquinate nella sua teoria dell'anima razionale (in possesso sia degli uomini che delle donne) come la forma sostanziale di tutti gli umani: nella sua descrizione della differenza sessuale come di qualcosa che pertiene non alla forma, ma alla materia od al corpo; nella sua asserzione che sia gli uomini che le donne hanno l'immagine di Dio in virtù della loro comune natura intellettuale; attraverso il suo argomento della necessità della donna per completare la natura umana; ed attraverso il suo insegnamento che gli uomini e le donne hanno il medesimo fine sovrannaturale ed i medesimi mezzi per conseguire tale fine.
Per l'Aquinate, come per Aristotele, l'uomo è una composizione di anima e corpo, eppure un'unità sostanziale; la relazione tra l'anima ed il corpo è la relazione atto-potenza della forma e della materia. L'anima umana come forma attua il corpo, rendendolo vivo e rendendolo un corpo umano, componendo con la materia o corpo un sinolo [supposit], l'uomo. Sebbene semplice, immateriale, sussistente ed incorruttibile, l'anima umana differisce dalle altre forme sussistenti per la sua stessa natura, che è quella di formare ed essere unita con un corpo umano; l'anima umana allora è sia cosa sussistente che forma sostanziale, è il primo atto del corpo, e dà al corpo il suo atto di esistere, il suo modo di esistere, ed essere, semplicemente. [1]
Ma la forma di una cosa determina la sua natura od essenza, dà alla cosa la sua definizione, e la rende parte di una specie. [2] Che cos'è una cosa, allora, è determinato dalla forma di quella cosa, non specificamente dalla sua materia. Dacché uomini e donne hanno entrambi la stessa forma sostanziale di anima razionale, essi sono essenzialmente uguali ed appartengono alla medesima specie. [3]
Nel suo Commento alla Metafisica di Aristotele, Tommaso discute direttamente questa questione dell'essere [o meno] la donna della stessa specie dell'uomo. Sebbene maschile e femminile siano contrari, e la differenza specifica abbia sempre la natura della contrarietà, Tommaso concorda con Aristotele che le donne non differiscono specificamente dagli uomini. Soltanto il tipo di contrarietà che pertiene alla forma causa differenze tra le specie; dacché la contrarietà di maschile e femminile pertiene non alla forma, bensì alla materia, non è capace di differenziare la specie: "Unde relinquitur quod masculus et femina non differant secundum formam, nec sunt diversa secundum speciem." ["Dal che risulta che il maschio e la femmina non differiscano per la forma, e non sono diversi secondo la specie"] [4] Gli uomini e le donne hanno quindi la medesima forma sostanziale che li fa essere quello che sono. Pertanto essi sono il medesimo tipo di essere; sono eguali in essenza.
Quest'eguaglianza fondamentale degli uomini e delle donne nella loro natura di umani è confermata da San Tommaso nelle sue discussioni dell'immagine di Dio, che è in tutti gli uomini. L'immagine di Dio consiste principalmente nella natura intellettuale: è rispetto all'anima dell'uomo (in cui non c'è differenza di sesso), non rispetto al suo corpo, che egli è fatto ad immagine di Dio. [5] Dacché tutti gli uomini, sia maschi che femmine, sono formati da un'anima razionale, essi hanno tutti l'immagine di Dio in ragione della loro natura intellettuale. [6]
L'immagine di Dio nell'uomo, spiega Tommaso, consiste nell'abilità della natura intellettuale dell'uomo di imitare Dio precisamente nella comprensione e nell'amore di Dio per Se stesso. Ci sono tre gradi di quest'imitazione: tutti gli uomini sono l'immagine di Dio per il possesso della loro natura intellettuale; inoltre, gli uomini giusti imitano Dio in più alto grado attraverso la grazia; ed infine nello stato di gloria i beati imitano l'amore e la conoscenza di Dio di Se stesso in modo perfetto. [7] È chiaro che le donne non sono escluse da alcuno di questi tre gradi di imitazione di Dio: esse condividono la medesima natura intellettuale dell'uomo, possono beneficiare della medesima grazia, e grazie ad essa ottenere la condizione dei beati. [8]
All'obiezione che non tutti gli uomini hanno l'immagine di Dio dacché della donna, che "è un individuo della specie umana" disse San Paolo che era non l'immagine di Dio, ma solo dell'uomo, San Tommaso risponde che la natura intellettuale che è il "significato principale" dell'immagine, e la causa o la condizione di tutti i tre modi di essere ad immagine di Dio, si trova sia negli uomini che nelle donne. [9]
Queste sono le note:
[1] S.T. I, 75 and 76.
[2] In Met. Exp. II, 4.
[3] S.T. I, 93, 4, ad 1.
[4] In Met. Exp. X, 11.
[5] S.T. I, 93, 3; Q.D. de Anima XIV.
[6] S.T. I, 93, 4, ad 1.
[7] Ibid, c.
[8] Ibid, ob. 1.
[9] Ibid, ad 1.
Al che uno si chiede a qual cattolico sia mai venuto in mente di essenzializzare la differenza sessuale e ritenerlo parte essenziale della propria fede. E come Miriam Rocca pensa di conciliare la sua posizione con quella del Dottor Angelico.

Esistono autori ebrei che ritengono che esistano anime maschili e femminili, ma probabilmente la differenza di genere, pur rilevante, non tocca l'essenza delle medesime.

L'autrice invece parte dal presupposto che le anime di uomini e donne abbiano diverse forme, e ne trae perciò conclusioni volte ad evidenziare l’irriducibile differenza tra uomini e donne.

L’autrice cerca di propugnare la pari dignità di uomini e donne, ma ritiene che sia gli uni che gli altri siano vincolati al proprio destino di genere (che lei chiama aristotelicamente causa finale); non solo codesta “pari dignità” sembra estremamente modesta per tutti, ma la sua concezione del destino di genere dà il destro a feroci affermazioni transfobiche ed omofobiche.

Le più gravi sono il dar retta ad Alessandra Graziottin quando sbaglia alla grande e mostra di ritenere la disforia di genere una patologia (il DSM-V nega), e l’omosessualità effeminata una sua varietà (dal 1973 non è più considerato vero); invece, quando afferma che transessualità ed omosessualità possano essere il prodotto di cattiva educazione, l’autrice sbaglia da sola.

Raffaele Yona Ladu


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